Brevi note in tema di cyberbullismo

Non possiamo parlare di bullismo e cyberbullismo, senza parlare di adolescenza e preadolescenza.
Tuttavia, prima di iniziare questo lavoro, riteniamo opportuno fornire alcuni dati statistici per meglio capire la gravità del fenomeno e lo spirito della recente normativa.

DATI STATISTICI.

Secondo l’ultimo rapporto ISTAT (2014) poco più della metà degli 11-17enni ha subito qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze nei dodici mesi precedenti. Il 19,8% è vittima assidua di una delle tipiche azioni di bullismo, cioè le subisce più volte al mese. Per il 9,1% gli atti di prepotenza si ripetono con cadenza settimanale.
Hanno subito ripetutamente comportamenti offensivi, non rispettosi o violenti più i ragazzi 11-13enni (22,5%) che gli adolescenti 14-17enni (17,9%).
Essendo questi gli ultimi dati disponibili, è possibile, se non certo, leggendo altri dati statistici più recenti, ma parziali, che i numeri ora riferiti siano cresciuti negli ultimi tre anni.

Ciò detto, occorre precisare che mentre il bullismo è una forma diretta, quindi limitata al contatto diretto, il cyberbullismo è fenomeno della rete e di conseguenza più diffuso e insidioso. La maggior parte dei giovani usa social network e si stima che uno su 6 sia soggetto a cyberbullismo. Le statistiche dicono che prevale il sesso femminile, ossia le ragazze sono due volte più soggette rispetto ai maschi. La cosa triste è che solo una su 10 tra le vittime riesce a chiedere aiuto e quindi gli altri 9 rimangono segnati, con una vulnerabilità che si portano dentro.

Il cyberbilling è particolarmente efficace perché nell’adolescenza internet è il mezzo attraverso cui dovrebbe arrivare la fama, la notorietà, l’ammirazione. Invece, arrivano dileggio, denigrazione, calunnie.
Si stima che in Italia ogni anno muoiano 4.000 persone per suicidio e tra questi il 12%, circa 500, sono adolescenti.
La correlazione tra questi fenomeni, cyberbullismo, bullismo e suicidio, è davvero drammatica.Fino a 20-25 anni fa si pensava che il suicidio in adolescenza fosse innescato, favorito da un profondo sentimento di colpa, riattivato da un momento di fallimento. L’adolescente voleva riscattarsi e il suicidio aveva un aspetto espiatorio, punitivo. Invece, oggi, il sentimento prevalente non è la colpa, ma la vergogna.“I valori morali, la colpa, il peccato – afferma il noto psicoterapeuta Pietropolli Charmet – si sono molto alleggeriti e dominano invece il bisogno di bellezza, di successo, la rincorsa verso l’ammirazione”.

La vergogna come causa e il gruppo di coetanei (la classe, la squadra, l’oratorio, il gruppo, appunto) come giudici chiamati a decidere dell’adeguatezza, della legittimità a vivere con gli altri. Se il giudizio è negativo bisogna farsene carico attaccando violentemente il corpo: dimagrendo, scomparendo dagli altri (“hikikomori”, ragazzi che vivono reclusi in casa), modificandolo (attraverso la palestra, allenamenti intensivi ecc.). Il corpo invece di diventare una risorsa diventa il nemico: “sono inadeguato, faccio schifo, meglio che mi tolga di mezzo” sono i pensieri che prevalgono. “Bisogna punire il corpo che dovrebbe esprimere la tua vera femminilità o la tua virilità – dice Pietropolli Charmet – cioè canoni che sono qualcosa di più della bellezza, che esprimono il tuo valore intimo, la tua appartenenza al genere”.Ciò che prova un ragazzo che si sente umiliato e rifiutato è una rabbia molto intensa, un senso di vendetta, un desiderio di farla pagare agli altri e un bisogno di trionfo. Il suicidio e il tentato suicidio, purtroppo, mettono a disposizione tutti questi elementi ampiamente consolatori e vendicativi.

“Alla base – spiega Maurizio Pompili, responsabile del servizio per la prevenzione del suicidio al Sant’Andrea di Roma, psichiatra che alla Sapienza insegna (unico in Italia) suicidologia – c’è comunque una vulnerabilità: questi soggetti, in generale, non soltanto i giovani, vivono una condizione di dolore mentale che prende sempre più piede. Sono emozioni negative con cui ci si confronta e si soffre. Per il dolore mentale non abbiamo rimedi così prontamente disponibili come quelli che abbiamo per il dolore fisico. Quando la soglia del dolore viene superata ci si convince che la morte sia l’unica soluzione. Spesso però non si vuole morire ma essere aiutati a superare una sofferenza. Bisogna riuscire ad inserirsi in questo dialogo interiore”.

Il problema è che non ci sono in circolazione, in famiglia e nella scuola, adulti disponibili a parlarne nonostante si sappia che il 20% degli adolescenti che frequentano la scuola superiore flirta con la morte.
Vi è un equilibrio difficile tra un bisogno di dire e una discrezione che nasce dalla necessità di non fare promozione. “In una scuola dove un ragazzo si suicida – dice Pietropolli Charmet – ce n’è spesso un altro che dice: ecco, lui sì che è stato coraggioso, l’ha fatto sul serio. Perché a quell’età chi è morto sul campo di battaglia è un eroe”.

ADOLESCENZA

“Trattate una persona come se fosse già quella che dovrebbe essere e l’aiuterete a diventare ciò che è capace di essere”
Goethe

 

 
L’adolescenza non è un periodo di “pazzia” o “immaturità”.
È una fase fondamentale, contrassegnata da emozioni intense, da un forte coinvolgimento nei rapporti sociali e dalla creatività.
È necessario, direi, indispensabile capire l’adolescenza per affrontare un tema come quello del bullismo e del cyber bullismo.
Non abbiamo, come ovvio, la pretesa di esaurire il tema in un articolo – ci sono studiosi e scienziati che hanno dedicato e stanno dedicando la loro vita a capire l’adolescenza -, ma ci limiteremo a dare qualche spunto, anche scientifico, per stimolare la curiosità e l’approfondimento.
L’adolescenza viene definita una metamorfosi e le metamorfosi sono spaventose perché si lascia ciò che si era, cioè l’infanzia, un periodo in cui si è relativamente sereni e si va verso una dimensione che non si conosce, che si deve sperimentare e che si teme sia tremenda. Quindi si passa dal mondo dell’infanzia dove ci sono dei punti di riferimento, i genitori, i nonni, per andare verso questo mondo che è assolutamente ignoto e contro il quale bisogna combattere, bisogna superare tutti gli ostacoli perché si ha anche la sensazione addirittura che il proprio corpo diventi mostruoso. Non c’è un adolescente oggi che si piaccia fisicamente. Non è però una storia soltanto del corpo, ma è una storia della mente perché c’è un modo diverso di pensare e nel pensiero dell’adolescente entrano le paure, entra la paura della solitudine, di non essere accettati o di essere abbandonati. Si passa quindi da un mondo che è sicuro con dei punti di riferimento, a un mondo assolutamente ignoto. Quindi una metamorfosi del corpo, una metamorfosi della mente, una metamorfosi addirittura sociale dove si deve ritagliare il proprio ruolo. L’adolescenza è un periodo della vita fatta di paura, di mostri, la paura di diventare dei mostri. Vittorio Gallese, lo scienziato che ha scoperto i neuroni specchio, diceva: “cervello e corpo formano un sistema inscindibile, non si capisce il cervello se lo si separa dal corpo, inoltre secondo il nostro modello il tema della relazione con l’altro è cruciale”.

Quali sono state le scoperte scientifiche proprio in tema di adolescenza? La prima scoperta risale al 2008, una delle più importanti: il cervello raggiunge la sua completa maturità non prima dei 25 anni. Questo in una situazione di normalità.

A tal proposito, sul Corriere della sera del 20 gennaio scorso è apparsa la notizia, ripresa nella ormai consueta finestra di Gramellini in prima pagina, che la rivista scientifica Lancet annunciava, cito testualmente, “la scoperta del secolo: l’adolescenza copre un periodo sempre più lungo dell’esistenza umana”.

In realtà questa importantissima scoperta, come abbiamo visto, è stata fatta già 10 anni fa e venne spiegata per la prima volta dal suo autore, Jay N. Giedd, durante un convegno internazionale del 2008 presso la Sapienza di Roma
Si è cercato, poi, di sfatare dei miti tipici dell’adolescente. Si dice, ad esempio, che gli ormoni portino gli adolescenti a “perdere la ragione” e a comportarsi in modo “folle”. È vero che c’è tutto questo mutamento ormonale negli adolescenti, ma oggi sappiamo con certezza che l’esperienza dell’adolescenza è principalmente il risultato di cambiamenti nello sviluppo del cervello. Il cervello dell’adolescente è, come dicevo prima, in completo sviluppo fino all’età di 25 anni ed è proprio durante l’adolescenza, e questo è un passaggio fondamentale da tener presente, che aumentano nel cervello questi neurotrasmettitori, principalmente la dopamina. Di cosa è responsabile nell’adolescenza questa dopamina? Essa aumenta l’impulsività, determina la suscettibilità dell’adolescente alla dipendenza e produce la iperrazionalità. Che cosa significa? È un processo cognitivo, deriva da un calcolo del cervello che pone molta importanza al risultato positivo e minimizza il peso dei possibili risultati negativi. Scientificamente si fa l’esempio del gioco della roulette russa che è facile pensare che sia un gioco da cui si esce indenni perché 4 – 5 colpi su 6 vanno a vuoto, ma quell’unico colpo è quello che è ovviamente responsabile della devastazione.

Se la scienza utilizza questi esempi scolastici, la realtà di tutti i giorni offre, purtroppo, applicazioni vere.
Un recentissimo fatto di cronaca, infatti, può meglio spiegare questo processo cognitivo.

Due ragazzi di 13 e 17 anni da tempo, pare, molestassero un clochard. Nella sera del 13 dicembre scorso, “solo per fargli uno scherzo”, i due ragazzi avrebbero appiccato il fuoco a della carta che, poi, introducevano nel finestrino dell’autovettura ove dormiva il clochard. Purtroppo, le fiamme si propagavano incontrollate nell’abitacolo e l’uomo, un marocchino disoccupato di nome Ahmed Fdil, moriva arso vivo.

Nella prospettiva di quei ragazzi, il “risultato positivo” era costituito dal tormento che procuravano al clochard, il soggetto debole. Mentre “minimizzavano (“volevamo fargli uno scherzo”) il risultato negativo”, ossia quell’unico colpo di pistola “responsabile della devastazione”, quel fuoco che si è propagato nella “casa” del povero senza tetto.

La crescita del corpo stesso, con modificazioni nella fisiologia, negli ormoni, negli organi sessuali e nell’architettura dello stesso cervello, può contribuire alla nostra comprensione dell’adolescenza come un importante periodo di trasformazione.

Se noi capiamo come cambia il cervello durante l’adolescenza, possiamo capire anche come si modificano i meccanismi con i quali si prendono le decisioni.
Il processo di sviluppo cerebrale durante l’adolescenza procede dalla parte posteriore verso quella anteriore. Il risultato è che tra le prime aree a svilupparsi ci sono quelle dell’amigdala, il centro che ha a che fare con l’emotività, mentre la corteccia prefrontale, dove risiede la capacità di giudizio, è l’ultima a completarsi, appunto intorno ai 25 anni.

Ecco, quindi, una grande scoperta, una tappa straordinaria della scienza: la plasticità neurale del cervello.
Dire che il cervello è plastico significa riconoscere che almeno una parte di esso impara con l’esperienza e che dopo l’esperienza è capace di fare cose che prima non sapeva fare, e che siccome l’esperienza è individuale ciascuno è in grado di compiere azioni che altri non possono fare.

L’esistenza di questa plasticità vuol dire quindi modificabilità e influenzabilità. Se da un lato è un’opportunità, dall’altro determina il fatto che l’adolescente, così come il bambino, può essere influenzato dalle condizioni ambientali e dalle persone che frequenta o che incontra. Il che ha una ricaduta significativa sulla relazione con le figure di accudimento, ma soprattutto in adolescenza, sulla relazione con i pari, che diventano grandi opportunità e risorse, ma anche, nel caso di incontri meno fortunati, fattori di rischio per lo sviluppo dell’identità. Per non parlare dei comportamenti a rischio che spesso solo l’essere in gruppo attiva, permette e giustifica. E proprio di questo stiamo parlando.

LA LEGGE

La legge n. 71 del 29.5.2017 (in Gazz. Uff. 3.6.2017 n.127) contiene “disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”. Si compone di 7 articoli. Non intendiamo in questa sede ripercorrere l’iter parlamentare della normativa. Basti dire che si stava andando verso una deriva repressiva che coinvolgeva non solo i minori ma anche gli adulti, definiva il bullismo e introduceva l’aggravante del cyberbullismo.

Questa impostazione è stata invece stravolta e la legge 71 si occupa del solo cyberbullismo (come sostenuto in sede parlamentare “un ulteriore inasprimento della normativa sanzionatoria relativa al bullismo in generale, anche quando esce dall’ambito strettamente limitato della scuola e dei minori, farebbe diventare la legge troppo ampia per essere realmente efficace. C’è già la sanzione penale per gran parte dei comportamenti di bullismo”).
Del bullismo, è bene ricordarlo, non vi è una definizione normativa e, per quanto ci consta, neppure giurisprudenziale. Le sentenze esaminate (non sono moltissime quelle che prendono in considerazione il fenomeno), di legittimità e di merito, parlano del bullismo come “perimetro” entro il quale si consumano molteplici reati.

Il bullismo viene perseguito penalmente attraverso reati comuni, quali, ad esempio, i reati di

  • violenza privata (art. 610 c.p.)
  • percosse (art. 581 c.p.);
  • lesioni (art. 582 c.p.);
  • furto(art.624c.p.);
  • estorsione (art 629 c.p.);
  • diffamazione (art. 595 c.p.);
  • molestia (art. 660 c.p.);
  • minaccia (art. 612 c.p.);
  • atti persecutori – c.d. stalking (art. 612 bis c.p.);
  • sostituzione di persona (art. 494 c.p.);
  • sequestro di persona (art. 605 c.p.);
  • violenza sessuale (art. 609 bis e segg. c.p.).

Ritengo che normativamente una definizione di bullismo la si rinvenga in quella di cyber bullismo. Come tra breve vedremo, la prima parte della norma parla di “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione”.

Bullismo è la traduzione letterale della parola inglese “bullyng” (essere prepotente, angariare, intimidire).
Dalla notte dei tempi si pratica il bullismo. Già i ragazzi nomadi della preistoria perseguivano chi ritenevano inferiore. Un handicap che la società, dalla sua nascita, non si è mai scrollato di dosso.

Fatta questa parentesi, per quanto riguarda la legge in esame possiamo dire che della precedente impostazione “repressiva”, resta “in bella mostra” l’istituto dell’ammonimento regolato dall’art.7. Mentre tutto l’impianto normativo si preoccupa di definire il fenomeno del cyberbullismo, di individuare gli attori, cioè le Autorità incaricate di gestire il contrasto dentro e fuori l’ambito scolastico e di poggiare tutti gli sforzi sulle linee di orientamento preventive.

In sintesi, individuate le finalità e i destinatari del provvedimento (i minori, appunto, i quali verranno tutelati “con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione” – art.1 comma 1°), la legge fornisce (art. 1 comma 2°) per la prima volta una definizione di cyberbullismo, ossia

  1. Qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica;
  2. nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.

Una delle principali novità della legge (art.2) è che “ciascun minore ultraquattordicenne”, autonomamente, senza l’intervento di un suo “responsabile” (anche se è previsto che lo possa fare anche un genitore o soggetto esercente la responsabilità sul minore) potrà chiedere di oscurare, rimuovere o bloccare i contenuti diffusi in rete (cioè quegli atti di cyberbullismo di cui al precedente art.1 comma 2°) al gestore del sito web o ai social network. E se non sarà cancellato entro 48 ore, potrà ricorrere al garante della privacy, il quale vi provvederà nelle 48 ore successive alla richiesta.

Se teniamo conto delle statistiche di cui abbiamo riferito, appare evidente che questo importante e autonomo potere concesso ai minori ultraquattordicenni dovrà al più presto essere esteso anche ai minori che appartengono a fasce d’età inferiori ai 14 anni.

L’art. 3 prevede, ancora, l’istituzione di un apposito tavolo tecnico atto a predisporre un piano d’azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo di cui fanno parte rappresentanti ministeriali, esponenti di altre autorità a vario titolo interessate alla prevenzione del fenomeno e, infine, ancora, rappresentanti di realtà associative con comprovata esperienza nella promozione dei diritti dei minori e degli adolescenti e nelle tematiche di genere. Nell’ottobre 2017, il MIUR (Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), in attuazione dell’art. 4 della legge, ha adottato le “linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo” (internet: “linee orientamento MIUR”).

Le linee di orientamento includono, tra l’altro, la formazione del personale e prevedono che in ogni Istituto sia nominato tra i docenti un referente scolastico con il compito di coordinare le suddette iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo, “anche avvalendosi della collaborazione delle Forze di polizia nonché delle associazioni e dei centri di aggregazione giovanile presenti sul territorio” (art.4 comma 3°).

Agli Uffici scolastici regionali è affidato in particolare il compito di pubblicare bandi per il finanziamento di progetti e di promuovere sul territorio azioni integrate di contrasto al cyberbullismo.
Infine, le Istituzioni scolastiche dovranno promuovere l’educazione all’uso consapevole della rete internet e ai diritti e doveri connessi all’utilizzo di tecnologie informatiche.

Il MIUR attraverso le citate linee di orientamento ha avviato l’iniziativa “generazioni connesse” (v. www.generazioniconnesse.it) per dare risposte immediate alla formazione delle comunità scolastiche (insegnati, bambini/e, ragazzi/e, genitori, educatori) e all’informazione in collaborazione con la Polizia di Stato. A tal proposito il ministero dell’interno e la Polizia di Stato hanno recentemente presentato un’applicazione per smartphone e tablet, YOU POL, realizzata direttamente da personale interno alla Polizia.

L’app permette d’interagire con la Polizia di Stato consentendo l’invio di segnalazioni di episodi di bullismo e cyberbullismo o di spaccio di sostanze stupefacenti.
L’art. 5 assegna ai dirigenti scolastici che vengano a conoscenza di atti di cyberbullismo, salvo che il fatto costituisca reato, l’obbligo di informare tempestivamente le famiglie dei minori coinvolti in episodi di cyberbullismo e di avviare adeguate azioni di carattere educativo. I regolamenti degli Istituti scolastici dovranno essere integrati con specifici riferimenti a condotte di cyberbullismo e relative sanzioni disciplinari commisurate alla gravità degli atti compiuti. Su quest’ultimo aspetto, ad oggi, nessuna disciplina uniforme e coordinata per tutto il territorio nazionale è stata fornita.

Le risorse finanziarie, previste dall’art. 6, sono la nota dolente della normativa. Viene stanziata una somma irrisoria, euro 203.000 per ogni anno del triennio 2017-2019, per lo svolgimento delle attività di formazione in ambito scolastico e territoriale “finalizzate alla sicurezza dell’utilizzo della rete internet e alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo”.

Poiché in Italia, le sole scuole secondarie di 1° e 2° grado, pubbliche e private, sono circa 15.000, i conti sono presto fatti: ad ogni scuola spettano poco più di 13 euro in un anno per la formazione.
L’ultimo articolo della legge 71/2017 introduce (a conferma ulteriore dell’approccio rieducativo del provvedimento e delle intenzioni del legislatore di licenziare un testo pensato sì per le vittime, ma anche per quei ragazzi che, spesso inconsapevolmente, si rendono responsabili di condotte aventi rilevanza penale) la procedura di ammonimento, seguendo lo stesso criterio utilizzato per lo stalking (art.8 commi 1° e 2°, del D.L. n.11/2009, convertito con modificazioni dalla L.38/2009 e successive modificazioni).

Nel caso in cui non si ravvisino reati perseguibili d’ufficio o non sia stata formalizzata querela o presentata denuncia per condotte d’ingiuria (reato che sappiamo depenalizzato), diffamazione, minaccia o trattamento illecito dei dati personali commessi mediante la rete internet nei confronti del minorenne, è possibile rivolgere al Questore un’istanza di ammonimento nei confronti del minore ultraquattordicenne autore della condotta.

Come precisato nelle linee di orientamento del MIUR, la richiesta potrà essere presentata presso qualsiasi ufficio di Polizia e “dovrà contenere una dettagliata descrizione dei fatti, delle persone a qualunque titolo coinvolte ed eventuali allegati comprovanti quanto esposto”.

“È bene sottolineare – prosegue il documento MIUR – che l’ammonimento, in quanto provvedimento amministrativo, non richiede una prova certa e inconfutabile dei fatti, essendo sufficiente la sussistenza di un quadro indiziario che garantisca la verosimiglianza di quanto dichiarato”.

Il Questore potrà convocare il responsabile della condotta illecita, commessa nei confronti di altro minore, e ammonirlo oralmente, invitandolo al rispetto della legge: il tutto in presenza di almeno un genitore o di chi ha la responsabilità del minore.

Gli effetti dell’ammonimento, in ogni caso, cessano con il compimento della maggiore età.

 


BIBLIOGRAFIA
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Gustavo Pietropolli Charmet, “Cosa farò da grande? Il futuro come lo vedono i nostri figli – Libri del festival della mente;
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Pietro Roberto GOISIS, “Costruire l’adolescenza. Tra immedesimazione e bisogni – Ed. Mimesis;
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Vittorino Andreoli, “Lettera a un adolescente” – Ed. BUR;
Vittorino Andreoli, “L’educazione (im)possibile – Ed. Rizzoli;
Gerald Maurice Edelman, “Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza” – Ed. Einaudi;
Edoardo Boncinelli, “La vita della nostra mente” – I libri del festival della mente; Marcello Massimini e Giulio Tononi, “Nulla di più grande” – Ed. Baldini & Castoldi;
Lamberto Maffei, “La libertà di essere diversi” – Ed. Il Mulino;
Maurizio Pompili, “La prevenzione del suicidio” – Ed. Il Mulino; www.generazioniconnesse.it;